Ieri è mancato Salvatore Dierna, professore emerito della Sapienza e architetto, uno dei maestri più influenti e incisivi che ha formato la mia generazione. Profondamente commosso voglio essere accanto ai suoi congiunti e a tutto il mondo che lui nel tempo ha creato, promosso, sostenuto. E’ lui che negli anni Ottanta ha rifondato gli studi di paesaggio e di ambiente a Roma, riportandoli da un totale abbandono a un’affermazione tale da farne uno degli ambiti disciplinari caratterizzanti la nostra scuola. La sensazione che provo, anche se non ci vedevamo più da molto tempo è di una improvvisa forte mancanza, una situazione di vuoto che credo nessuno di noi riuscirà a colmare. Personalità complessa e carattere corrusco, lavorare con Tato è stato sempre esaltante quanto non facile, esigendo dai suoi interlocutori un rigore che applicava in primo luogo a sé stesso.
Non lascia delle architetture che avrebbe saputo fare, dei libri che avrebbe saputo scrivere e neanche una scuola che avrebbe saputo dirigere, ma io credo che ci abbia dato molto di più: architetture, libri e scuole di allievi, una comunità scientifica che ha sempre potuto contare sulla sua continua e lucida presenza intellettuale. Tato ha letteralmente inventato una visione moderna del paesaggio. È stato lui a quel tempo ad affidarmi il corso di Arte dei Giardini e a chiamare per un modulo Ippolito Pizzetti, conoscenza che per me è stata quanto mai preziosa diventando un’amicizia sincera.
Sono profondamente commosso. Tato sentiva, capiva la forza straordinaria del giardino come tema progettuale con implicazioni profonde sull’architettura, capiva anche la grande difficoltà di sostenere un campo disciplinare così delicato e sottile, così potenzialmente determinante, in una fase recessiva dove il dialogo intimo tra le nostre tradizioni e la nostra visione di futuro è in uno stato di grave crisi.
Tato ha chiesto di essere dimenticato come figura pubblica, ma se questo fa parte della sua natura schiva, credo che sia un desiderio impossibile da attuare, la sua opera non potrà infatti dimenticarlo. Il paesaggio italiano non potrà dimenticare Tato Dierna.
Franco Zagari, Torino, 19 Aprile 2016
Franco ha già detto tutto di Tato come intellettuale, maestro e figura centrale per una rinascita degli insegnamenti del paesaggio in Italia. Io di lui ricordo soprattutto un aspetto forse meno noto, quello che ebbi modo di apprezzare nei lontanissimi Angola e Mozambico dove mi fece dono di chiamarmi come insegnante in quelle università. Tato laggiù era molto diverso, allegro, spiritoso e sinceramente amante di quei luoghi e delle persone che li abitavano. Noi vestiti da esploratori in erba lui, anche nei luoghi più impensati, in grisaglia e cravatta ci guidava con spirito cameratesco. La sua amicizia con Josè Forjaz, poi condivisa con tutti noi che lo seguivamo in quei viaggi, è stata per me una vera ricchezza e di tutto questo lo ringrazio sinceramente.
Lo ricordo così, con affetto e riconoscenza.
Giampiero Donin